“Jungle Town” non è una storia di allegri animaletti antropomorfi. Non sono né allegri né animali. Jungle Town è una storia di ordinari umani zoomorfi con tutte le peculiarità e le stranezze degli esseri umani. Immaginate una New York un po’ anni ’70 e un po’ anni ’40 abitata da cani, gatti ed ogni altro genere di animale che, nonostante anni di tensioni a sfondo razziale, infine hanno imparato a coesistere, rispettarsi e perfino amarsi. Tranne i topi.
I topi sono la minoranza, a Jungle Town, ma non numerica: gran parte dei cittadini vittima del pregiudizio li ritiene pericolosi e loro si sentono isolati, sotto osservazione, oppressi, e c’è chi si dà da fare, mobilitandosi per i pari diritti, e chi invece approfitta della situazione per traffici poco puliti.
Un bel mattino, nell’esclusivo Green Days Golf Club, viene trovato un morto particolare: è un topo in un luogo dove i topi non sono ammessi nemmeno da vivi. Del caso vengono incaricati i due migliori segugi del distretto, Bonnard e Rolling, che cercheranno di fare luce in un’intricata storia di diritti civili e malavita organizzata, col chiaro intento di comunicare alla comunità dei topi che per la polizia non esistono cittadini di serie B.
La storia, dalla trama allo svolgimento, è un evidente pretesto che serve ai talentuosi autori per toccare temi difficili e di cui mal volentieri tutt’ora si vuole parlare: la società multirazziale e le difficoltà di convivenza delle comunità eterogenee sembrano dinamite maneggiata con perizia e delicatezza da Tito Faraci, illustrata con ferma precisione e morbidezza dai magici pennelli dello Zar Giorgio Cavazzano.
Del sodalizio dei due artisti è sempre troppo facile parlare bene. Di Faraci conosciamo tutti la poliedrica destrezza con cui sa balzare da un genere all’altro – personalmente lo adoro nei panni del fine umorista e del navigato autore noir – e in Jungle Town lo vediamo caracollare giocosamente tra la commedia leggera ed il poliziesco dei bassifondi, il tutto condito da un impercettibile ed amaro filo drammatico con cui unisce i destini degli abitanti della città.
Cavazzano è artista di fama e grande scuola Disney Italia che riesce a tratteggiare in maniera efficace i caratteri e le personalità, restando fedele all’universo tondo e rassicurante in cui i buoni sono tondi il giusto e i cattivi sono o più tondi o appena più spigolosi e sfuggevoli. Come i topi.
Un “prodotto innovativo”1 che forse non meritava l’autoconclusione, corredato da numerosi schizzi preliminari ed una introduzione alla città; così innovativo da scordarsi forse di opere affini2 ma comunque in grado di non lasciare a bocca asciutta.
Jungle Town – di Tito Faraci e Giorgio Cavazzano
ed. Buena Vista Lab (2005)
82 pagine cartonato
6,90 €
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- Faraci, p.79 [↩]
- come Blacksad (J. D. cbd products J. Guarnido) che però ricorda più Maus (A. Spiegelman) nella caratterizzazione [↩]
Ci sono 3 commenti su “Jungle Town”
lasciato il 21/12/2007 alle 23:03
Grazie.
Buon Natale…
Tito
lasciato il 22/12/2007 alle 09:33
Altrettanto 🙂
lasciato il 22/12/2007 alle 12:40
Che bella sorpresa, Sbonk rivive.
Mop: Ottima recensione.
Tito: Auguri anche a te!